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La Federazione Automobilistica Internazionale nell'ottobre 1947
vara la Formula Internazionale n°2, o Formula B, a distinzione
delle più blasonate vetture da Grand Prix denominate Formula
Internazionele n°1 o Formula A. Il Trofeo Conduttori di F2,
più comunemete chiamato, era aperto a vetture con motori
di 2 litri ad alimentazione aspirata, o come alternativa a motori
sovralimentati da 500 cc.
Siamo nel 1948 e la Ferrari compie il suo primo anno di vita attiva
con la presentazione della sua seconda monoposto da competizione.
Dopo la Tipo 125 F1, vettura derivata direttamente dalla 125S
del 1947, ma con un propulsore capace di erogare 230 CV a 7000
giri/minuto, ecco che dalle Officine di Maranello, prende forma
il progetto destinato a gareggiare nel Trofeo Conduttori di F2,
che vide ai nastri di partenza vetture ibride di diretta derivazione
Sport, almeno nella prima parte della stagione. Il regolamento
prevede delle prove sui circuiti di tutta Europa, anche per contenere
le spese di trasferta oltreoceano, che sarebbero state troppo
alte per un “semplice” Trofeo di F2.
Enzo Ferrari era solito dire: ”Le auto da corsa non sono
né belle né brutte. Diventano belle quando vincono”.
Capì da subito la buona pubblicità gratuita per
la sua azienda, che avrebbe ottenuto nel caso di un successo europeo
della sua vettura e si presentò fin dalla prima edizione
con la Tipo 166 F2. Questa vettura fu la capostipite delle vetture
da F2 della Casa di Maranello e la prima vettura da formula con
motore aspirato, motore che regalò poi nelle sue varie
evoluzioni la vittoria in F1 di Gonzalez del 1951. In realtà
non furono costruite molte vetture per questa categoria, ma come
vedremo più avanti, gettarono le basi per una diversa concezione
di motorizzazione: il quattro cilindri in linea, ideato e progettato
da Aurelio Lampredi, progettista che diede i primi successi nel
Campionato del Mondo di F1 alla Ferrari.
La
166 F2 è l’erede diretta della 166 Sport/Inter del
1948, di cui ha ricevuto il propulsore di 1995,02 cc (cilindrata
unitaria 166,25 cc), con potenza portata dai 116 CV della Sport
ai 155 CV a 7000 giri/minuto (260 / 7000 versione del 1950) della
F2, grazie all’adozione di tre carburatori Weber 32DCF.
Il motore aveva la classica architettura di 12 cilindri a V di
60°, tanto cara a Gioachino Colombo e a Ferrari stesso, con
un alesaggio di 60 mm e corsa di 58,8, quindi un motore "quadro".
La distribuzione era assicurata da monoalbero a camme in testa
e 2 valvole per cilindro. Accensione a 2 magneti e lubrificazione
a carter secco con raffreddamento ad acqua.
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Gran
Premio di Firenze 1948
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G.P.
di Bari 1949 |
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Il cambio a 5 rapporti più retromarcia, nel 1948 diventa
a 4 velocità nel 1950. Le sospensioni anteriori sono a
ruote indipendenti, quadrilateri deformabili con balestra trasversale.
Quelli posteriori a semiassi oscillanti, barre di torsione e ammortizzatori
idraulici (Tipo de Dion dal 1950). La 166 F2 pesava a vuoto circa
550 kg (1948 – Kg 530 nel 1951) e poteva raggiungere una
velocità di 235 km/h.
La vettura esordisce al Gran Premio di Firenze il 26 settembre
1948 pilotata da Raymond Sommer, che si aggiudica il GP toscano
con vasto eco sulla stampa italiana. Nel 1948 la Scuderia Ferrari
partecipò ad altri sette Grand Prix internazionali con
la 166 in configurazione Sport-Corsa, affidando alcune vetture
a Scuderie private come la Scuderia Inter, la Scuderia Besana
e la Scuderia Sterzi e piloti del calibro di Nuvolari, Cortese,
Righetti, i fratelli Besana, Biondetti, Bianchetti e il mitico
principe Igor Troubetskoy.
Nel 1949 la 166 F2 riceve un nuovo propulsore, oltre che un nuovo
telaio realizzato dalla Gilco, alleggerito nella sua struttura,
classica dei telai della ditta milanese e fa il suo debutto il
3 aprile 1949 al 4° Circuito di San Remo.
Roma, Napoli, Bari, Monza, Reims, questi i nomi dei circuiti dove
la 166 F2 ha dominato la concorrenza. Schierata dall’Automobil
Club Argentino, dopo avere acquistato da Ferrari una 166 F2 e
ridipinta nei colori nazionali da gara, troviamo Juan Manuel Fangio
che si aggiudicherà il Gran Premio dell’Autodromo
di Monza del 1949.
Il palmarès di questa vettura nel 1949 è composto
da due vittorie di Alberto Ascari ( Bari e Reims), due di Gigi
Villoresi (Bruxelles e a Roma) e una per Fangio a Monza.
Nello stesso anno la 166 F2 riceve un telaio allungato, ed arriva
ad erogare nel 1950 una potenza di 310 CV, regalando 6 vittorie
in 13 gran premi disputati. Nel 1950 le vittorie raddoppiano portando
a 13 successi su 17 gare il suo palmarès. La vettura venne
impiegata poi dal 1951 al 1958, come “sorella minore”
delle ben più titolate 500 F2, D50 e Dino 248 F1. L’ultima
vittoria importante della 166 F2 fu a Marsiglia con Giannino Marzotto
nel 1952.
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Se la 166 F2 fu una vettura nata da una costola della 166 Sport,
la Tipo 500 F2 fu la prima vettura concepita in toto per “abbandonare”
il 12 cilindri Colombo. Nel 1952 la Federazione accetta come concorrenti
per il Campionato del Mondo di massima formula le Formula 2, decisione
presa anche in funzione dell’abbandono delle corse da parte
dell’Alfa Romeo, sazia del Campionato del Mondo vinto nel
1950 con Farina e nel 1951 con Manuel Fangio, oltre allo scarso
numero di partecipanti, forse intimoriti dalle rosse vetture milanesi.
Per continuare un campionato appena nato e lì pronto per
morire in mancanza di un numero discreto di vetture da F1, la
Federazione adottò lo stratagemma di aprire i cancelli
degli autodromi anche alle vetture di Formula Due, con clausola
di partecipazione per due anni. Come sempre, l’unico costruttore
preparato ai cambiamenti fu Enzo Ferrari, che diede ordine a Lampredi
già nel 1950 di studiare un nuovo motore da 2000 cc, frazionato
in quattro cilindri in linea da 500 cc, convinto che un motore
con quel frazionamento rispondesse al meglio alle aspettative
per quel tipo di vettura, avendo più coppia e trovando
in Lampredi stesso un valido assertore di un quattro cilindri
per una vettura da 2 litri. La Ferrari in quegli anni si era già
ben consolidata a livello internazionale, vincendo quattro Mille
Miglia, una 24 Ore di Le Mans e tre vittorie nel Campionato del
Mondo Piloti. Lampredi progettò il suo capolavoro e diede
a Ferrari una vettura leggera e veloce, dopo avere calcolato la
distribuzione dei pesi della vettura, che risultarono eccellenti.
Il Tecnico livornese progettò il motore con un alesaggio
di 90 mm e una corsa di 78 mm per una cilindrata unitaria di 496,21
cc e una totale di 1984,85. La distribuzione era assicurata da
un bialbero a camme in testa con 2 valvole per cilindro e con
un rapporto di compressione di 11,5:1, salito poi nel 1953 a 13:1,
e un’accensione doppia assicurata da due magneti. L’alimentazione
avveniva tramite 4 carburatori Weber 45DOE, scesi poi a due carburatori
Webwer 50DCOA nella versione del 1953.
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G.P.
di Svizzera 1952 |
G.P.
di Germania 1952 |
G.P.
d'Italia 1952 |
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La lubrificazione è a carter secco e il raffreddamento
ad acqua. In questa configurazione la Tipo 500 F2 garantiva una
potenza specifica CV/litro di 83,1, saliti a 93,2 nel 1953 con
potenza massima di 185 CV a 7500 giri, raggiunti nel 1953. Il
telaio della 500 F2 ricalca quello della 375 F1 e si basa su due
longheroni ovali rinforzati da traverse. Le sospensioni anteriori
sono a ruote indipendenti con quadrilateri deformabili e balestra
trasversale con ammortizzatori Houdaille, mentre la sospensione
anteriore era costituita dal ponte De Dion, balestra trasversale
e ammortizzatori Houdaille. La 500 F2 aveva una lunghezza di 3988
mm e larghezza di 1402 mm, con un passo di 2160 mm.
In
tre mesi Lampredi progetta l’auto e il 23 settembre 1951
due 500 F2 debuttano nel Gran Premio di Modena. Ferrari voleva
una vettura per battere da subito la concorrenza in F2, specialmente
quella di casa chiamata Maserati e Lampredi lo accontentò.
Il vero debutto nel Campionato del Mondo avvenne a Berna il 18
maggio 1952, dove assente Ascari impegnato nella 500 Miglia di
Indianapolis, la corsa fu vinta da Piero Taruffi.
La 500 F2 partecipò nel biennio 1952-53 a quindici gare
del Campionato del Mondo su 17 prove totali, escludendo le due
edizioni della 500 Miglia di Indianapolis, vincendone quattordici,
di cui: sei con Alberto Ascari e una con Piero Taruffi nel 1952
e sette nel 1953, cinque con Ascari, una con Nino Farina e una
con Mike Hawthorn. Ma già nel 1952 l’eordio fu positivo
a Pau e a Marsiglia, pilotata da Alberto Ascari e a Napoli con
Giuseppe Farina.
Nel 1953 la Tipo 500 F2 ricevette una versione con un muso più
allungato, impegnata specialmente sulle piste di alta velocità.
L’egemonia della 500 F2 continuò finchè non
venne introdotta la nuova formula di 2500 cc, rendendo le 500
F2 inesorabilmente e a malincuore obsolete e apprendo le porte
al nuovo modello di Casa Ferrari.
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Nel 1953 Aurelio Lampredi progetta la Tipo 553 F2, continuando
la tradizione del quattro cilindri in linea da 2 litri. La gloriosa
Tipo 500 F2 ha esaurito il suo compito brillantemente e in attesa
delle nuove regole del 1954 che impongono un motore aspirato da
2500 cc, la Ferrari mette in cantiere questa vettura di transizione.
Enzo Ferrari introduce un nuovo sistema per denominare le sue
vetture: la prima cifra è riferita alla cilindrata unitaria
espressa per eccesso, la seconda e la terza sono l'anno di produzione,
quindi 553 è sinonimo di 500-1953.
Il motore di 1997,11 cc, con alesaggio di 93 mm e corsa di 73,5,
erogava 180 CV a 7200 giri/minuto. Distribuzione e alimentazione
erano assicurate da bialbero a camme in testa e da due carburatori
Weber 52DCOA3, con due valvole per cilindro. La trasmissione della
553 F2 era posteriore, con un cambio a 5 rapporti più retromarcia.
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Froilan
Gonzalez |
Aerautodromo Modena 1953 |
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Lo studio del telaio portò alla progettazione di un telaio
tubolare a traliccio, sostituendo di fatto i classici longheroni
e traverse. Lampredi sistemò i due serbatoi lateralmente,
anticipando la soluzione studiata da Vittorio Jano per la Lancia
D50. Grazie a questa soluzione di sistemazione dei serbatoi, la
nuova Ferrari assunse il soprannome di "Squalo", che
anticiperà quello di "Super Squalo" coniato per
la 555 F1 del 1955.
Il debutto della 553 F2 avvenne il 13 settembre 1953 a Monza,
in occasione del Gran Premio d'Italia. A portarla in gara fu Umberto
Maglioli che finì la gara all'ottavo posto e Piero Carini
costretto al ritiro. La "Squalo" vinse solo il Gran
Premio di Spagna con Mike Hawthorn il 24 ottobre 1954.
L'epopea del quattro cilindri modenese, si concluse la 555 F1,
lasciando il campo ai più vittoriosi 6 e 8 cilindri Ferrari.
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Enzo Ferrari ancora scosso dalla perdita del figlio Dino avvenuta
il 30 giugno 1956, decise di ricordarlo nella maniera a lui più
congeniale, dando il suo nome ad un motore che fino agli ultimi
giorni di vita, Dino Ferrari aveva voluto e partecipato alla progettazione
con grande passione, iniziata da Aurelio Lampredi e terminata
da Vittorio Jano, coadiuvati da Bellantani e dall’Ing.Fraschetti.
Nacque così un sei cilindri a V di 65° di 1489,35 cc,
che sviluppava 180 CV a 9000 giri/minuto, destinato alla F2 del
1957, che richiedeva una cilindrata massima di 1500 cc. e che
getta le basi per la futura Dino 246 F1. Lo storico e scrittore
Gianni Rogliatti descrive nel volume di Ferrari Story, dedicato
ai 6 cilindri Ferrari, che il V6 venne concepito già nel
1950 in una versione a 120° da un progetto di Aurelio Lampredi.
Poi Ferrari fece accantonare il progetto per seguire intensamente
lo sviluppo del 12 cilindri. Il progetto, denominato Tipo 183,
fu rimandato all'inverno 1955-1956, dove venne finalmente sviluppato.
Sei mesi dopo la morte di Dino, iniziarono i collaudi di quel
propulsore montato su di una vettura di F2 e portato al debutto
da Luigi Musso nel Gran Premio di Napoli il 28 aprile 1957 (classificatosi
terzo), gareggiando con Hawthorn e Collins a bordo delle loro
Ferrari 801 F1. Fu Maurice Trintignat a regalare il primo successo
al Tipo 156 F2 durante il Gran Premio di Francia a Reims, corso
il 14 luglio, battendo le Cooper a motore posteriore. Il 6 cilindri
a V di 65° cambiò inclinazione delle bancate nel 1960,
portate a 60° con distribuzione a un solo albero a camme e
nuovi valori alesaggio/corsa, portati a 73 x 58,8 mm, rispetto
ai 70 x 64,5 originali.
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Dino 156 F2 |
Von
Trips prova la 156 |
Dettagli
del motore |
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Il telaio della 156 F2 era tubolare a traliccio con sospensioni
indipendenti anteriormente e ponte De Dion, balestra trasversale
e ammortizzatori Houdaille posteriormente. I collaudi di questa
vettura, purtroppo portarono alla morte dell'Ing.Fraschetti, deceduto
mentre provava la vettura all'Aerautodromo di Modena. La cilindrata
del "Dino" tra il 1957 e il 1958, salì dagli
originali 1489,35 cc, a 1860 cc, passando poi a 2195 cc e infine
nel 1958 a 2417cc. montato sulla Dino 246 F1 che permise a Mike
Hawthorn la conquista del Campionato del Mondo Conduttori con
una sola vittoria al suo attivo. Parallelamente alla Dino 246
F1, la 156 F2 continuò la sua carriera di auto di formula
nel 1958, classificandosi al secondo posto con Peter Collins nel
Gran Premio di Reims di F2, alle spalle di Behra con la Porsche.
Fu Wolfgang von Trips a concludere in bellezza, vincendo il Gran
Premio di Siracusa del 1960, la "carriera" di questa
vettura del Cavallino rampante.
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Il generoso motore Dino ha superato brillantemente i dieci anni
di vita, costruito in cilindrate che vanno da 1500 cc a 2500 cc.
Oltre alla F2, il Dino montato sulle vetture Sport ha vinto con
la 196 Sport l'Europeo della Montagna (Scarfiotti nel 1962) e
ancora Scarfiotti con la Dino 206 nel 1965, si aggiudica il Trofeo.
Qualche anno prima del grande accordo con la Fiat del 19 giugno,
Ferrari si accorda con la Casa torinese per la realizzazione in
500 esemplari di una Gran Turismo ad alte prestazioni. Grazie
a questo accordo, Enzo Ferrari può partecipare al Campionato
di Formula 2 di quell'anno.
La vettura di F2 che prenderà il nome di Dino 166 F2, viene
presentata al Saloncino sportivo di Torino del 1967, in versione
1596,25 cc. Alesaggio di 86 mm e corsa di 45,8 mm. (passando a
79,5x53,5 mm nel 1968), testa tipo Heron con tre valvole per cilindro
(4 nel 1968) e distribuzione a monoalbero sdoppiato. La 166 F2
adotta lo stesso cambio della Dino Prototipo a cinque rapporti
+ retromarcia. Il telaio è a semiscocca con ruote anteriori
e posteriori indipendenti e ammortizzatori telescopici. La potenza
massima salirà dai 200 CV a 10000 giri/minuto del 1967
ai 232 CV a 11000 giri/minuto del 1969.
La Dino 166 F2 fa il suo debutto a Rouen, il 9 luglio 1967 con
Jonathan Williams con il V6 totalmente rivoluzionato rispetto
al prototipo iniziale.
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Dino
166 F2 |
Gran
Premio Lotteria - Monza 1968 |
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Il 21 febbraio 1968, la Casa di Maranello collauda la nuova versione
della Tipo 166 F2 prima a Vallelunga e poi a Modena. Il vero esordio
nel Trofeo Europeo di F2 avvenne il 31 marzo al Gran Premio di
Barcellona con Amon e Ickx ritirato, che si rifarà a Zolder
vincendo la seconda batteria. Toccherà al brianzolo Tino
Brambilla rompere il digiuno di vittorie della 166 F2, vincendo
in terra tedesca a Hockenheim il 13 ottobre 1968, facendo dimenticare
ai tifosi le sconfitte di Crystal Palace, Coppa del Reno, Gran
Premio Lotteria di Monza, Tulln Langenlebarn, Zandvoort e Pergusa
di quell'anno. Alla vittoria di Hockenheim, seguirà una
stupenda doppietta nel Gran Premio di Roma a Vallelunga, con la
vittoria di Tino Brambilla e il secondo posto di Andrea De Adamich.
Anche oltre oceano nella Temporada Argentina, la Dino 166 F2 dice
la sua, aggiudicandosi il trofeo con le due vittorie di De Adamich
e una di Brambilla. L'ultima gara che diputerà la 166 F2
è il Gran Premio Lotteria di Monza, corso il 22 giugno
1969, poi la Ferrari ritira la vettura. Sarà Tino Brambilla
da privato a riportarla in corsa l'anno successivo a Monza, conquistando
un onorevole terzo posto. Su questa vettura oltre a Brambilla
e De Adamich, hanno corso Derek Bell, Jonathan
Williams
e
Clay Regazzoni, squalificato da subito alla partenza del Deutschland
Trophy a Hockenheim.
Il motore Dino F2 continuerà poi la sua carriera equipaggiando
vetture da F2 fino agli inizi degli anni '80, vetture come la
Ralt RT1, la Chevron B34, B40 e B42 e la Minardi Fly 281 delle
Scuderie Trivellato Racing Team, Scuderia Everest, Scuderia Brancatelli
e Minardi Team srl. Con queste vetture da F2, Riccardo Patrese,
Gianfranco Brancatelli, Lamberto Leoni, Elio de Angelis, Beppe
Gabbiani, Paolo Barilla, Siegfried Stohr e Gianfranco Trombetti,
accompagnarono il motore Dino F2 fino al "pensionamento"
dello stesso, dopo una lunga e brillante carriera durata quindici
anni. MfB
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La
pagina rappresenta uno studio condotto dall'autore sulle
Ferrari Formula Due e
potrà, a seguito di nuovi accertamenti, subire
modifiche atte ad inquadrare al meglio la verità
storica dell'evento. |
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Pagina pubblicata
il 17/9/2007
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