Il Gran Premio
d'Italia del 1960, le corse su strada e l'Aerautodromo di Modena.
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Il
GP d’Italia del 1960, svoltosi il 4 Settembre sulla lunghezza
di 50 giri per un totale di oltre 500 Km, vide l’utilizzo
da parte delle vetture di Formula Uno del circuito completo
di Monza.
Le scuderie inglesi non presero il via rifiutandosi di far scendere
in pista le loro monoposto sul cosiddetto anello di alta velocità,
già utilizzato nel ’55 e nel ’56, motivando
la loro decisione con la pericolosità del tracciato nei
confronti dei pneumatici, che avrebbero subito un’usura
insopportabile, e per l’effetto “campana”
ingenerato nei telai esponendoli a rotture improvvise, anche
dello sterzo, da parte della connessioni nei curvoni della pista
costruita nel 1954 in cemento armato, avente uno sviluppo di
4,250 Km. con un’inclinazione dell’80% ed una sopraelevazione
di oltre 38 gradi.
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La Ferrari schierò le sue ormai penosamente obsolete
F.1 ed essendo il GP aperto anche alle F.2, Wolfgang Von Trips
utilizzò la Dino 156P a motore posteriore cogliendo il
5° posto alle spalle dei compagni Hill, Ginther, Mairesse
e del pilota veronese Giulio Cabianca, quarto al traguardo così
come sulla griglia di partenza. Le monoposto di Cabianca e di
Gino Munaron erano iscritte dalla Scuderia Castellotti ed erano
delle Cooper spinte da un motore Ferrari 4 cilindri 2500 cc.
derivato da quello della 555 Supersqualo del 1955.
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Non
si trattava certo di un connubbio vincente né tanto meno
di facile guida, con notevoli problemi di trazione; dalla foto
si può notare infatti come le vetture n.2 (Cabianca)
e n.4 (Munaron) subito dopo lo start siano scivolate in fondo
allo schieramento.
Non potendo competere nella lotta in famiglia degli uomini di
Maranello per il podio, Cabianca con una corsa avveduta ed impostata
sul ritmo riuscirà a confermare il proprio 4° posto
di qualifica giungendo sì a due giri dal vincitore Phil
Hill, ma davanti ad un campione come Von Trips. Tale risultato
rimarrà il migliore in F.1 per la Scuderia Castellotti
e per i suoi portacolori.
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Giulio Cabianca era un pilota di piccole e medie
cilindrate con cui si distinse nelle gare su strada e nei circuiti
cittadini, aggiudicandosi quasi sempre la vittoria nella propria
classe.
Al volante della OSCA 1100 cc. giunse 12° alla Mille Miglia
nel 1951 e 14° nel 1952; con una Ferrari 250 spider Vignale
fu 9° nel 1953; con la OSCA 1500 cc. giunse 10° nel
1954 e 9° nel 1956, mentre nel 1957 fu 26° sempre con
una OSCA ma di soli 950 cc. Considerando l’altissimo numero
di partecipanti e la cilindrata delle auto concorrenti alle
prime piazze, i risultati di Cabianca in quella che fu definita
la corsa più bella del mondo si possono riduttivamente
definire notevoli.
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La
OSCA “Officine Specializzate Costruzioni Automobilistiche”
era sorta nel 1947 per volontà dei fratelli Maserati,
che avevano ceduto la propria azienda prima dello scoppio della
seconda guerra mondiale, e costruiva le auto ideali per i piloti
privati che si cimentavano nelle numerosissime gare per vetture
sport. Fu proprio un giovanissimo Giulio Cabianca ad attirare
l’attenzione su questa marca imponendosi nell’estate
del 1949 sul Circuito del Tigullio davanti alla Cisitalia del
popolare stradista Giovanni Bracco, futuro vincitore con la
Ferrari della Mille Miglia del 1952.
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Mentre la OSCA allargava i propri orizzonti anche
alla Formula Uno di 4500 cc. aspirati, Cabianca iniziava un
carriera costellata da successi legati alla marca bolognese,
con cui trionfò nel 1950 sul circuito di Monza nel Gran
Premio Vetturette riservato alle Sport sino a 1100 cc.; successo
piena- mente rinnovato anche nell’edizione dell’anno
seguente in aggiunta alle vittorie di classe su vari circuiti
“estivi”.
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Il
1952 lo vide sfortunato protagonista della Targa Florio dove
la rottura di un semiasse lo privò della vittoria assoluta
a pochi chilometri dal traguardo, davanti allo squadrone Lancia,
dopo aver segnato il giro più veloce.
Al primo posto nel Circuito di Caserta, secondo fu Franco Cortese
su Frazer-Nash 2000, fece poi seguito l’ennesima vittoria
di classe ed il secondo posto assoluto al Circuito di Senigaglia,
dove il gradino più alto del podio fu appannaggio di
Castellotti e della sua personale Ferrari 225S.
Nel 1953 sarà 6° alla Targa Florio, questa volta
con una Ferrari 250 MM, e nel 1955 7° e primo di classe
con l’OSCA Mt4 1500. |
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Giulio
Cabianca |
Nel 1956 l’exploit con la vittoria assoluta nel Giro delle
Dolomiti ma sono la Mille Miglia e la Targa Florio che fanno
ancora incrociare il destino di Giulio Cabianca (nella foto),
dominatore anche delle gare in salita, che qui è impossibile
citare per l’enorme numero cui prese parte e vinse, con
quello che è diventato il pilota italiano più
affermato e veloce: Eugenio Castellotti, che iscritto alla Targa
Florio in coppia con Peter Collins con una Ferrari prototipo
860 MM di cui non si sa con certezza la cilindrata (3000 o 3500?)
fece segnare in prova il miglior tempo in 45’00”;
tempo che il pilota lodigiano vincitore della Mille Miglia batterà
nel primo giro di gara percorso in 44’54”.
L’assurdo o il mostruoso è che, durante la sessione
di prove in cui anche Cabianca si mette in luce ottenendo con
l’OSCA Mt4 15OO divisa, solo per onor di firma, con Villoresi
un ottimo tempo a pochi secondi da Castellotti, il circuito
delle Madonie è aperto al normale traffico di tutti i
giorni !!!
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L’irresistibile alfiere della Ferrari sarà costretto
al ritiro per un incidente al secondo giro mentre il nostro
Cabianca otterrà un eccezionale secondo posto alle spalle
di Umberto Maglioli su Porsche e davanti alla Maserati 3000
di Taruffi ed alla Ferrari di Herrmann-Gendebien, per essere
poi retrocesso alla ventisettesima ed ultima piazza, perché
si scoprirà nelle verifiche post-gara che il suo copilota,
l’ormai anziano e non più in grado di competere,
Gigi Villoresi nell’abitacolo della OSCA non ci entrava
proprio!
Pensate a dover tenere per dieci giri di 72 Km. sulle strade
della Sicilia del 1956 una media superiore ai 90 Km/h, sorpassando
tantissimi concorrenti sia in prova che in gara e rischiando
la vita ad ogni dosso e curva, per essere poi squalificati per
un assurdo cavillo legato all’iscrizione.
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La Targa Florio nel 1957 non si svolse per l’incidente
che pose fine alla Mille Miglia.
In quella del ’58 Cabianca fu 5° per l’ultima
volta al volante di una OSCA dietro alle Ferrari di Musso-Gendebien,
Von Trips-Hawthorn, Collins-P. Hill e alla Porsche di Behra-Scarlatti.
Nel 1959 Cabianca prenderà il via senza fortuna nella
classica sici- liana su strada, sopravvissuta an- che alla tragedia
di Le Mans, al volante di una Ferrari Dino 196S 2000 cc. della
scuderia intitolata allo scomparso Eugenio Castellotti, che
è ora diventata la sua scuderia di appartenenza.
La gloria sportiva di Cabianca tende a scemare perché
la Dino 196, copia della 250 TR, con il motore due litri non
è all’altezza dello stuolo di Maserati con cui
si trova a gareggiare ovunque e neanche delle OSCA. La casa
bolognese ha nel frattempo legato i propri successi al nome
di un altro grande pilota di piccole cilindrate, l’asso
della Formula Junior l’inglese Colin Davis. La Scuderia
Castellotti intraprende quindi la difficile strada della Formula
Uno, prima con le Cooper Maserati e poi le Cooper Ferrari, che
scesero in pista in molti GP del 1959 e del 1960.
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Cabianca singolarmente aveva già tentato l’esordio
nella formula maggiore al GP d’Italia del ’58 con
una Maserati 250F della scuderia del campione svedese Jo Bonnier.
Il 1961 è l’ultimo anno d’attività
per Cabianca che ottiene un onorevole 17° posto alla Targa
Florio con una Lancia Flaminia Zagato della scuderia Sant Ambroeus,
ma il destino lo attende, come per Castellotti, all’Autodromo
di Modena, dove perirà il 15 giugno all’età
di 37 anni provando la sua Cooper Ferrari.
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L’incredibile incidente causato da una più che
probabile rottura meccanica avvenne sul rettilineo opposto alle
tribune e l’auto senza più possibilità di
guida da parte del pilota imboccò, attraverso un cancello
della pista disgraziatamente aperto, la Via Emilia, scontrandosi
con un taxi e causando la morte di altre tre persone oltre che
di Giulio Cabianca stesso, cui venne riconosciuto postumo il
Campionato Italiano della categoria Gran Turismo.
L’Autodromo di Modena aveva così unito per sempre
i destini di Castellotti e Cabianca.
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Testi e modelli: Franco Gallo
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